CAPITOLO 10

 

Nella penombra del salone, circondato solo dal silenzio della sua casa, il commissario sfogliava il registro delle presenze dei dipendenti della Di Silvestro, a volte soffermandosi su alcune pagine per prendere degli appunti. Era talmente concentrato che non sentì il cellulare, se non al quinto squillo.
“Cosa fa un commissario quando ha la sera libera?”
Era la voce allegra di Tiziana.
“Mi rilasso portandomi il lavoro a casa. Oggi la cucina ha chiuso prima?”
“Sì commissario. Non abbiamo molti clienti, così ho guadagnato qualche ora di relax. Pensavo di uscire, le fa piacere accompagnarmi?”
Dovette intuire il silenzio di riflessione del commissario, così aggiunse:
“Solo un gelato ed una passeggiata. Ci siamo già raccontati tutto.”
Boschi sorrise tra sé e sé, poi aggiunse:
“D'accordo. Tra mezz'ora sono alla pensione.”
Trovò la ragazza ad aspettarlo sulla porta, la stessa tenuta sportiva della volta precedente, lo stesso sorriso luminoso, sincero.
“Mi fa piacere rivederti.”
Era passata dal lei al tu quasi senza accorgersene, ma Boschi sembrò non farci dare importanza alla cosa: in fondo gli faceva piacere.
“Allora, dove va una brava cuoca a gustare un ottimo gelato? Ancora al Bar Albatros?”
“No. Stasera andiamo a provare un posto vicino a casa tua.”
Il commissario tornò verso nord, proseguì lungo la statale fino a raggiungere la graziosa cittadina dove si trovava la sua casa, ma la ragazza gli fece cenno di continuare. Costeggiarono il lungomare, ripresero la statale e presto uscirono dal centro abitato.
Il commissario domandò:
“Dove stiamo andando?”
La ragazza sorridendo rispose:
“Non preoccuparti, siamo quasi arrivati.”
Accanto alla strada brillavano le luci di un grande centro commerciale, a quell'ora chiuso. Poco più avanti il commissario vide, sul lato del mare, una grande costruzione in muratura, simile ad un faro. Ma era troppo bassa per ospitare un faro, poteva essere un belvedere o un ristorante panoramico.
Il commissario chiese:
“Cosa c'è in quella costruzione?”
La ragazza rispose:
“Quella è la Torre di Cerrano. E' molto famosa nella zona, ha origini molto antiche. Pensa che qui, accanto alla strada ed alla ferrovia, una volta c'era un porto. Tutti questi centri costieri, un tempo non erano che borghi di pescatori.”
Il commissario ascoltava affascinato. In quegli istanti tornava con la mente alle vacanze estive della sua infanzia, quando ascoltava i racconti dei vecchi pescatori del levante ligure e fantasticava...
“Siamo arrivati.”
Avevano raggiunto una graziosa cittadina, il commissario ne aveva letto il nome, pensando che doveva esserle stato attribuito per la presenza di una vasta e rigogliosa pineta posta tra la ferrovia ed il mare. Si fermarono davanti ad un bar ampio e luminoso, molto affollato, nel quale aleggiava un gradevole profumo di gelato artigianale. La ragazza, rapita dai gusti esposti nelle vaschette, disse al commissario:
“Il Bar Gelateria Astor è molto conosciuto nella zona. Fa dei gelati che non temono confronti e non fa come molti altri locali. E' aperto tutto l'anno, puoi trovare queste prelibatezze ogni giorno.”
Boschi si recò alla cassa per ritirare lo scontrino di prenotazione, la ragazza incontrò alcune amiche e si mise a conversare con loro. Il commissario si sentì osservato: le amiche di Tiziana lo stavano guardando, forse pensando ad una situazione che non corrispondeva affatto alla realtà.
Gustarono i loro coni passeggiando lungo la pineta.
“Allora commissario, come ti trovi nella tua nuova casa?”
“Benissimo. Però dovrei cominciare a cercare una persona che se ne occupi.”
“Intendi dire una domestica?”
“Non è che il termine mi piaccia molto, ma il concetto è più o meno quello.”
“Insomma, una persona che possa tenere in ordine la casa, stirare le camicie, preparare una buona cena. E' così?”
“Esattamente.”
“Dovrai accontentarti di mangiare cibi nella media, io sono impegnata.”
Tiziana lo disse ridendo, poi aggiunse seria:
“Se vuoi provo a sentire la mia amica Silvia. I suoi due figli vanno all'asilo fino alle quattro del pomeriggio, quindi ha molte ore da poter dedicare alla sua casa e non solo. Si muove con la sua auto, quindi non avrebbe problemi di spostamenti.”
“Sì, se è disponibile ci posso parlare.”
“Facciamo così: domani a pranzo venite a mangiare alla pensione, potrete incontrarvi e valutare.”
“Cosa cucini?”
“E' una sorpresa.”
Camminarono ancora un po', quindi tornarono all'auto. Il commissario tornò verso la pensione, la ragazza scese davanti al portone e gli diede un bacio su una guancia:
“Grazie della bella serata.”
Il commissariò tornò verso casa. Amava le sfide, ma Tiziana sembrava volerne proporre una molto impegnativa. La ragazza era troppo sincera e trasparente, incapace di mentire.
Tornò a casa, fece una doccia, indossò una tuta e si mise sul divano del salone per riprendere il lavoro. Stava scorrendo i nominativi dei quindici dipendenti della Di Silvestro e non ci avrebbe messo molto.
Di Mascio Antonio, di anni 55, operaio
Costantini Raffaele, di anni 46, operaio
Gianelli Fulvio, di anni 44, operaio
Di Cola Tommaso, di anni 39, operaio
Romanelli Cristian, di anni 23, operaio
Pisciotta Claudio, di anni 37, operaio
Kahlgibran Ahmed, di anni 42, operaio

Al settimo nome il commissario si fermò. Quel nome, Kahlgibran Ahmed, significava qualcosa, non facile da decifrare. Gli ricordava qualcosa, che al momento gli sfuggiva. Aveva solo un modo per togliersi il dubbio, ma avrebbe dovuto agire in fretta. Ad un tratto Boschi prese la decisione: doveva anzitutto avvisare il suo vice, ma non voleva chiamarlo a quell'ora. Avrebbe sicuramente svegliato tutta la famiglia.
Gli scrisse un messaggio sul cellulare.

Luca, domattina devo assolutamente partire per Torino, starò fuori uno o due giorni al massimo. Il commissariato è in mano tua, so che farai bene, come del resto ho avuto modo di constatare al mio arrivo. Tieniti in contatto con Colasanti, il caposquadra dei vigili del fuoco, sempre presente al colle di Santa Marta. Nel primo cassetto della mia scrivania trovi il numero del suo cellulare. Sposta Vicari ad indagare sul filippino precipitato dal palazzo.
Non mi cercate, va tutto bene, è una cosa troppo importante. Ti chiamerò io appena possibile.

Palumbo era stato messo al corrente, pur senza sapere le ragioni del viaggio. Aveva sì e no tre ore per riposare, non voleva perderle. Impostò la sveglia ed andò in camera, convinto di aver fatto la scelta giusta.
Dormì poco, l'ipotesi che aveva azzardato era più forte della stanchezza fisica. Si svegliò alle cinque e mezzo, disinserì la sveglia che si sarebbe dovuta attivare mezz'ora più tardi, rapidamente si fece la barba e la doccia, si vestì e prese con sé una piccola borsa.
Alle sei stava percorrendo la statale in direzione sud, a quell'ora animata da scarso traffico, così che alle sei e venti si trovava nel parcheggio della stazione centrale di Pescara. Parlò con il capo della Polfer, i colleghi in servizio in stazione, prese accordi per lasciare l'auto in un parcheggio riservato e si diresse nel grande atrio. Andò ad acquistare il biglietto, il suo treno sarebbe partito alle sette e dodici, aveva tutto il tempo per una necessaria colazione. Ordinò un cappuccino ed un croissant, nel frattempo si diresse alla vicina edicola per acquistare un giornale ed un paio di cruciverba, quindi si sedette ad un tavolo a gustare quanto aveva ordinato. Acquistò un paio di panini e due bottigliette di acqua, casomai si fossero rese necessarie nel corso del viaggio, quindi prese la borsa e si avviò alla scala mobile.
Alle sette e cinque arrivò sul marciapiede del terzo binario, lo accolse l'aria fresca e gradevole del mattino ed uno splendido sole di inizio estate. Il commissario non ebbe il tempo di goderseli come avrebbe voluto; dopo pochi istanti il Frecciabianca Lecce-Torino fece il suo ingresso in stazione, puntuale come sempre. Il commissario salì a bordo, prese posto in una carrozza semivuota, quindi sistemò la borsa e si sedette a leggere il giornale. Appena il treno si mosse, il cellulare che Boschi aveva in tasca squillò ripetutamente.
“Pronto.”
“Mario, sei già partito? Potevi chiamarmi, non ci sarebbero stati problemi! Quando torni?”
Era il vicecommissario Palumbo, doveva aver letto il messaggio del suo amico e superiore e non se l'era sentita di chiamarlo troppo presto. Boschi rispose:
“Domani o dopodomani al massimo. Si tratta di una questione troppo importante, non è cosa della quale parlare per telefono. Porta pazienza, al mio rientro ti spiegherò tutto.”
Palumbo si rassegnò alla situazione.
“Almeno tienimi informato sul tuo rientro.”
“Lo farò, non preoccuparti.”
Il viaggio procedeva senza intoppi, quel treno era meravigliosamente comodo e puntuale. Boschi si godeva il paesaggio di tanto in tanto, ripensando al viaggio che lui aveva compiuto in senso inverso poco tempo prima, percorrendo quell'autostrada che ora osservava attraverso il finestrino. Arrivato in prossimità di Bologna addentò un panino, quindi prese un caffè dal carrellino di bordo. Ormai una buona metà del percorso era stata coperta. Si diede alla risoluzione di un paio di cruciverba, poi la stanchezza ebbe la meglio e si appisolò, complice anche il riposo notturno troppo breve.
Fu destato dal capotreno per il controllo del biglietto, quindi guardò l'orologio: le quindici e trenta. Secondo i suoi calcoli doveva mancare poco all'arrivo. Alle sedici e dieci, in perfetto orario, il treno si arrestò sotto alla pensilina della stazione di Torino Porta Nuova, capolinea di quel lungo viaggio. Il commissario, confuso nel flusso dei viaggiatori che si stavano avviando verso l'uscita, pensò che avrebbe dovuto chiamare il questore Magnani al cellulare: era l'unico informato del suo arrivo, nessun altro avrebbe dovuto saperlo. Ma appena arrivato in prossimità del sottopassaggio sentì:
“Commissario!”
Istintivamente si voltò. Avrebbero potuto chiamare un altro suo collega, magari un dirigente della locale Polfer, ma i suoi occhi videro l'autore di quell'appello e spazzarono ogni dubbio: il questore era andato ad accoglierlo.
“Mario, sembra un secolo che non ci vediamo! Come stai?”
“Bene, il viaggio è andato magnificamente. Ma come faceva a sapere che sarei arrivato con questo treno?”
“Commissario, dimentichi che sono il questore di questa città? Il dirigente della Polfer ha ricevuto una chiamata dal collega di Pescara, stamattina hai parlato con lui per lasciare l'auto nel loro parcheggio, il tuo accento lo ha messo sulla buona strada. Ha fatto delle ipotesi, secondo lui saresti partito con il primo treno disponibile. E così è stato.”
Il commissario sorrise. Achille Magnani, il suo vecchio capo, ora dietro ad una scrivania a svolgere un ruolo così importante e prestigioso, aveva conservato il piglio dell'investigatore, di chi mette in fila i fatti secondo una successione logica per giungere alla soluzione. Non era cambiato nulla.
Magnani riprese:
“Naturalmente non passeremo in questura. La cosa deve rimanere assolutamente riservata, a casa mia staremo tranquilli e potremo parlare in assoluta libertà.”
Mentre ascoltava, il commissario osservò il questore. L'uomo formale ed elegante, che ogni giorno garantiva la sicurezza alla città, si era completamente trasformato. In abiti sportivi, sguardo aperto e sincero, si sarebbe detto un impiegato in vacanza. Era andato in stazione con l'auto propria, questo lo aveva aiutato a non dare troppo nell'occhio.
Magnani guidava in scioltezza, divertito dalla situazione ma soprattutto felice di rivedere Boschi, il suo erede designato, che aveva scelto di percorrere altre strade.
“Allora, come si sta nella terra di D'Annunzio? Come si lavora in riva all'Adriatico?”
“Si lavora bene, signor questore. Si vive bene, le gente mi sembra cordiale, anche se forse è un po' presto per sbilanciarsi nel dare giudizi. Ma la prima impressione che ho avuto è stata questa.”
“Sono convinto che sarà quella giusta. Del resto tu hai sempre avuto una buona predisposizione a capire le situazioni fin dal primo momento. Anche per questo sei tornato, vero?”
Nel dir questo, il questore strizzò l'occhio al commissario. Si erano capiti, l'idea di Boschi era anche l'idea del suo capo. Non a caso Magnani aveva fatto il possibile per accontentarlo.
Giunsero a casa del questore, sulle colline della cintura torinese. La casa si trovava in un elegante quartiere residenziale, immerso nel verde e nella tranquillità. Il commissario accettò volentieri una bibita dalla signora Franca, la moglie del questore, quindi uscì in giardino. Il padrone di casa fece lo stesso e ben presto si ritrovarono ad affrontare la questione che rappresentava lo scopo del viaggio di Boschi. Il questore attaccò:
“Ti ho fatto preparare l'intero fascicolo in copia. Naturalmente tu non lo hai mai avuto, sei venuto a visionare gli atti in via ufficiale, magari prendendo degli appunti. Sai bene che rischiamo la testa, tu ed io.”
“Naturalmente, signor questore. Questo materiale resterà in casa mia, sotto chiave, nascosto anche ai miei più fidati collaboratori. Al termine dell'indagine lo utilizzerò per accendere il barbecue che ho sul terrazzo.”
“Bene. Possiamo stare qui in giardino, la siepe ci divide dalla strada, a quest'ora non passa nessuno e quei pochi si fanno i fatti loro. Da dove vogliamo cominciare?”
“Dal rapporto che lei scrisse per il magistrato, signor questore. Ricorda? Il giorno prima ci fu una grande conferenza stampa, durante la quale lei illustrò, con dovizia di particolari, i termini della nostra operazione ed i dati degli arrestati.”
“Già, ricordi bene. Allora andiamo a ritrovare questi nomi.”
Aprirono il faldone, sfogliarono i vari fascicoli fino a trovare ciò che cercavano. Il commissario si mise a leggere.

Al termine di una brillante operazione di polizia, condotta dal vicecommissario Achille Magnani e dai suoi uomini, è stato interrotto un intenso traffico di armi da fuoco dall'Asia verso l'Europa. Mesi di appostamenti ed indagini hanno consentito di smantellare l'organizzazione criminale, al vertice della quale si trovavano due cittadini cinesi, Xi-Mi-Jang di anni 42, Mira-Ji-Long di anni 54. Le azioni si originavano dalla base operativa in Pakistan, a capo della quale si trovava Kahlgibran Fahrid, di anni 48. I proventi del traffico venivano introdotti in Europa da un giovane faccendiere, Nathan Suzette, al momento detenuto nel carcere di Pescara. La collaborazione dell'uomo è stata fondamentale nel corso dell'indagine....

Il commissario si fermò, guardò il suo vecchio maestro e sorrise. Ora ne era certo, non aveva fatto un viaggio a vuoto.
Il questore notò l'espressione del commissario:
“Direi che hai trovato quel cercavi. Mi puoi spiegare tutto dal principio?”
Boschi doveva molto al questore, se non avesse visionato quel materiale non avrebbe potuto avere la conferma ai suoi dubbi.
“E' presto detto, signor questore. Appena ho preso servizio in Abruzzo mi sono imbattuto in un caso di omicidio, un poveraccio sfracellato in seguito ad una caduta dal decimo piano di un palazzo. Nel corso delle indagini è emerso che quel poveraccio si chiamava Nathan Suzette, filippino.”
Il questore sgranò gli occhi:
“Il filippino di quattordici anni fa?”
“Proprio lui, signor questore. Ma non è tutto.”
“Bene, non tenermi sulle spine.”
“Come lei ha saputo, dopo pochi giorni si è verificata l'esplosione della fabbrica dei Di Silvestro. Ho esaminato il registro delle presenze dei dipendenti, c'è un nome che mi ha colpito. Si tratta di Kahlgibran Ahmed.”
Il questore lo guardò, in effetti le coincidenze cominciavano ad essere troppe. Forse che il passato stava tornando nella vita dei due uomini?
Il commissario sentiva puzza di bruciato e non a causa dell'esplosione al colle di Santa Marta.

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